Alle tre di notte (6 dicembre 2019) ho scritto questo pensiero, svegliato da un malessere gastrico per le fredde giornate nel bosco. Si è avviata una riflessione sul mio modo di essere e sulla mia idea di filantropia nel progetto Asia-Bridge.
Per riprendere sonno ho aperto la rivista di Nomadelfia: 70 anni in Maremma. Pochi giorni fa avevo portato alcuni indumenti di mia figlia in quella comunità che mio padre Giovanni mi aveva insegnato a rispettare. La storia del fondatore Don Zeno è rivenuto fuori nei ricordi di mio padre leggendo le scritte e le preghiere da lui scritte nella rivista. Ho percepito la somiglianza tra la sua “carità cristiana” e “l’insegnamento laico” di mio padre. So che la mia indole è di essere generoso e aperto, mi dedico spontanemente al sollievo della sofferenza del corpo e della mente con lo spirito etico e morale del padre della medicina occidentale, Ippocrate. È sempre stata una mia “vocazione” aiutare le persone in difficoltà di salute, ma confesso che non riesco rispondere alle richieste di aiuto di tutti. Io sono solo e le mani tese sono tante, non riesco a prenderle tutte. Questo me lo ha insegnato anche il monaco buddista del monastero di Thamkrabok Luan Phor Chaoren. Mi accorgo della mia limitatezza e quando ritardo nel rispondere o quando la mia risposta non coglie il centro della domanda. Le aspettative spesso superano la realtà e io non ho la bacchetta magica per “guarire” tutti. Con molti è solo una toccata e fuga e senza alcun contatto empatico. Per costoro una nota di melanconia e di tristezza emerge, ma è bilanciata da quelli che hanno riposto nelle mie parole e nelle mie attività con fiducia e speranza. Queste persone che hanno recuperato la vita mi spingono a seguire e a perseverare sulle orme e sugli insegnamenti di mio padre Giovanni e di Don Zeno suo amico.
In modo distaccato da un mondo falsato da un materialismo sociale disgregante, mi adeguo al corso del tempo e procedo nel mio cammino a testa alta e fiero della mia integrità morale.
“Cambio civiltà, cominciando da me stesso” Questa è la frase con cui Don Zeno iniziò il suo cammino di apostolo delle famiglie perdute. Era il 1932 in Emilia romagna vicino al famigerato paese di Fossoli. Campo di concentrazione italiano anticamera dello sterminio nazista verso i diversi, i diseredati e gli “inferiori“.
“Non posso cambiare il mondo, ma certamente posso cambiare me stesso”. Questa frase buddista delinea il mio comportamento. Non serve fare la guerra a chi non condivide le mie idee, è sufficiente che io stia nel mio brodo senza dare noia, ma al tempo stesso aperto a chi vuole differenziarsi dal pensiero dominante di massa.
Don Zeno
Sul litorale di Grosseto osserva il mare, l’orizzonte e il cielo. La forza della natura aiuta la mente nella “meditazione di paesaggio”. L’Io si perde e l’energia divina dell’Universo si manifesta.