COVID19 – Contatti multipli

Ipotesi patogenetica

Non è mia abitudine raccontare le mie idee mediche. Le espongo nei convegni dove sono invitato in quanto sono riservate alle singole persone. La pandemia da Covid19 mi ha portato a cambiare questo comportamento riservato. Dalla Thailandia, dove sono stato confinato a causa del blocco aereo per oltre un mese, ho appreso notizie parziali del disastro italiano e commenti internazionali con dati scientifici sulle tecniche di contenimento dell’epidemia e le terapie attuate in Cina, Sud Corea e Giappone.

Il 30 marzo 2020, dopo aver pubblicato il video della mia guarigione con la Clorochina e lo Zinco, mi ha chiamato un caro amico sincero, medico di Grosseto, con cui ho fatto il liceo e la facoltà di medicina fianco a fianco.

Mi ha parlato del caso, che non conoscevo, di due carabinieri impiegati nei controlli stradali per il contenimento degli spostamenti ambedue morti per coronavirus. Queste morti per causa di servizio sono analoghe ai medici deceduti per il rapporto con i malati e a quella marea di operatori sanitari impegnati con molteplici persone  domicilio e ospedale.

Questa intuizione innesca l’Ipotesi patogenetica dei “Contatti multipli”.

Questo medico attribuisce ai contatti multipli l’elevato numero di decessi  tra i medici e le altre categorie (infermieri, carabinieri, ecc.) di lavoratori che sono a contatto con malati e portatori portatori sani. La spiegazione è semplice: l’RNA del virus utilizza il sistema reduplicativo della cellula (MedCram Coronavirus Pandemic Update 34). Nel momento stesso in cui entra nella cellula per reduplicarsi, si combina con il DNA individuale e crea un nuovo Coronavirus personalizzato. La sommatoria di tante piccole variazioni individuali eterogenee che entrano in lavoratori a rischio moltiplica la virulenza e aumenta la aggressività. Queste classi di lavoratori sono maggiormente esposte rispetto a chi è contagiato da un’unica persona (es. in famiglia).

Gl Operatori al pubblico necessitano di accorgimenti speciali di protezione e di terapie preventive per la loro salute.

IL NUOVO VIRUS NON È UNA FOTOCOPIA MA UN FALSO.

In queste situazioni difficili dove il caos delle ipotesi è manifesto a tutti, vedi il contrordine dell’ISS sulle mascherine, le strategie terapeutiche migliorano con la diffusione dei dati clinici raccolti dai medici alla prima visita medica direttamente dal malato o dai suoi familiari.

Il Professor Carlo Stuart mi insegnò che: “Se vuoi capire una malattia devi incrociare i dati”. Fu così che comprai il programma SPSS per l’analisi statistica dei dati biologici.

I dati generici sui decessi in cui sono state individuate le patologie preesistenti alla infezione da coronavirus, ipertensione, cardiopatie, diabete, tumori e broncopatie ostruttive, devono essere affiancati a anamnesi familiari, patologie remote, terapie in essere, stato sociale, luogo di vita con esposizione a sostanze tossiche chimiche o radiazioni elettromagnetiche incrociate. Non può essere omesso il sovrappeso e l’obesità da alimentazione riconosciuta dall’OMS come fattore di rischio più elevato rispetto al fumo di sigaretta. I dati autoptici dei deceduti potrebbero ribaltare le diagnosi fatte in vivo.

Io questi dati non li ho, ma certamente saranno stati raccolti dai medici. Non posso capire la situazione clinica italiana basandomi sui dati clinici pubblicati dai Cinesi, dai Sud Coreani ed altri. Servono i dati patologici e soprattutto le pubblicazioni scientifiche per sviluppare la ricerca. E’ così che le malattie si vincono. Le intuizioni di alcuni, in questa emergenza, devono essere prese in attenta considerazione. Le esternazioni fatte su Facebook di alcuni medici nordisti piagnoni vanno bene per la plebe dei giornalisti, non per chi vuole capire le cause dei decessi.

Altrimenti come disse l’Abate Occam, “Non ci si capisce nulla”.

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